Navighiamo di conserva con Badinguet ad una manciata di miglia di distanza. E’ una giornata splendida di vento e sole ed Aquarius al gran lasco avanza gongolandosi sulle onde.
La rotta ci porta in direzione di Klein Curacao ( che ci hanno descritto come un’isoletta da sogno) dove atterriamo verso mezzogiorno con l’idea di mangiare un boccone e farci un bagno.
L’isola è piatta e brulla, l’ancoraggio è rolloso, l’acqua è torbida ed il capitano di un barcozzo portaturisti ormeggiato con ancora e cima a terra, al nostro arrivo suona tre colpi di tromba (segnale sonoro di macchine indietro) gesticolando come un ossesso.
Macchine indietro? Ma se è gia sulla spiaggia?
Vabbè un benvenuti poco caloroso da qualcuno che ha probabilmente poche idee ma ben confuse.
Scendiamo a terra tra capanne abbandonate e cespugli spinosi e ci dirigiamo sulla costa al vento verso il vecchio faro.
Intravediamo i relitti di un cargo e di una barca a vela, monito di quanto possa costare caro un’attimo di disattenzione. La barca è un Mikado di 17 metri costruita una ventina d’anni fa che, a parte la murata di sinistra sfondata, ha ben resistito agli attacchi delle onde.
Abbiamo visto barche più moderne incagliarsi e trascorrere una notte sbattendo sugli scogli. Al mattino ne rimanevano solo pochi brandelli sparsi qua e là. Da riflettere!
Le autorità di Curacao non gradiscono che le barche si fermino a Klein Curacao prima di aver fatto le formalità quindi limitiamo la sosta al minimo indispensabile e ripartiamo verso l’ancoraggio di Spanish Water.
Questa è una laguna diramata in mille bracci con uno stretto canale di ingresso ed una serie di zone di ancoraggio autorizzate.
Il posto è affollato e tutto sembra molto organizzato: ancoraggio A, ancoraggio B, ancoraggio C, insomma tutto è scritto, controllato. Il gommone del guardacoste gira spavaldo a tutta velocità con quell’aria che non capisci se sono li per proteggerti o per minacciarti…ma questa è storia comune in tanti altri posti.
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