Visualizzazione post con etichetta fiume. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fiume. Mostra tutti i post

giovedì 4 febbraio 2010

Giro sul fiume

Il cayucco si avvicina. Nicolas e suo padre con Pascale e Francoise sono già a bordo.

Saliamo guardinghi su questa canoa scavata a mano in un unico tronco d’albero, la cui stabilità sembra pari a quella di una bottiglia.

Si tratta di un’imbarcazione lunga circa sei metri con un motore fuoribordo da 15 cavalli. Il capitano tenta di rassicurarci dicendo che il fondo é più spesso e quindi garantisce l’assetto ma il dubbio resta.

Imbarchiamo Daniel e Biserka con il figlioletto Alan e ci dirigiamo verso il lato opposto della baia. Come al solito dirigeremo verso un punto non meglio identificato lungo la riva uniformemente ricoperta di mangrovia.

Avvicinandoci percepiamo l’imboccatura del fiume, che doveva essere il Rio Mandinga, ma che a causa della scarsità d’acqua é stato tralasciato a favore di quest’altro di cui non ricordo il nome.

Una volta entrati, Bredio ed il capitano sollevano il motore e procedono a remi e con il bastone, tecnica decisamente efficace sui bassi fondali.

Aironi bianchi e cenerini sono posati sulle sponde e spesso sentiamo il canto stridulo dei pappagalli.

Ma il nostro obbiettivo sono i coccodrilli.

Sono animali schivi e guardinghi e per vederli dobbiamo cercare di arrivare vicino alle spianate di terra e sabbia senza fare il minimo rumore.

Vediamo diverse tracce ma nulla di più.

Armato della mia D2 scruto con lo zoom come se fosse un cannocchiale quando...Eccolo!

Un bestione fermo sulla sponda non si accorge del nostro arrivo.

Continuo a scattare mentre ci avviciniamo ma anche solo il rumore della macchina fotografica sembra un frastuono nel silenzio della foresta.

Dopo poco ci sente e scivola delicatamente nell’acqua fangosa.

Si trattiene per un po’ in superficie e possiamo ammirare la perfezione del suo adattamento all’ambiente fluviale. Si muove agilmente ed in modo praticamente invisibile. Le uniche parti che sporgono dalla superficie dell’acqua sono le narici e gli occhi.

Una vera macchina da caccia!

Ne vedremo tre in tutto il tragitto fino alla spiaggia di sabbia dove ci siamo fermati per uno spuntino. Nulla sulla via del ritorno lungo la quale abbiamo incrociato diversi cayucchi a motore che risalivano verso il villaggio che si trova qualche miglio più nell’entroterra.














martedì 29 dicembre 2009

Gita sul fiume.

Armati di repellente antizanzare e di macchine fotografiche partiamo per risalire il Rio Diablo con i gommoni. Lasciamo la tranquilla frenesia del mare e della barca dirigendoci verso un non meglio precisato punto nella mangrovia. Tutto sembra uguale, impenetrabile.


Poi ad un tratto la profondità diminuisce fino a richiedere l’uso dei remi. Ancora qualche decina di metri e senza quasi rendecene conto entriamo in un’altro pianeta: il fiume!

Di colpo cambiano i suoni, cambiano i colori, cala il vento e si calma l’acqua. Gli uccelli strillano al nostro passaggio, strani pesci guizzano nell’acqua fangosa che, lo capiamo dalle tracce sulle sponde, nasconde rapidi e guardinghi coccodrilli.

Siamo emozionati. I sensi tesi a percepire il minimo movimento nella speranza di cogliere la presenza di qualche animale che abita la foresta pluviale dell’entroterra di Panama.

Una canoa india é ormeggiata lungo la sponda, probabilmente vi é una “finca” poco distante.

Sappiamo che molti kuna hanno in utilizzo dei pezzi di terra su cui coltivano yucca, banane primitivos, insalata ed otoe, una specie di callaloo caraibica.

L’ambiente é ovattato e se non fosse per le citras si potrebbe restare qui fino al tramonto per vedere uscire il mondo della notte ma questi minuscoli e voraci moscerini sono un efficace deterrente alla presenza turistica di questa zona.