A questo punto siamo decisissimi a metterci a testa bassa per intraprendere la rotta del ritorno, quando un mail disarmante ricevuto in una calda giornata d’inverno ci ha fatto rivedere i piani.
E cosi’ eccoci pronti per l’ultima “si prometto, é l’ultima!” crociera della stagione.
Già vedo accorciarsi i tempi per i preparativi alla partenza e decido di approfittare di un recente carico di gasolio ricevuto da Paco per fare il pieno ad Aquarius.
Il sistema é semplice! Vai a terra e ordini a Paco la quantità in galloni di cui hai bisogno. Lui li fa preparare dal suo aiutante che riempie 10 taniche da cinque galloni ciascuna e li carica sul cayucco. Poi ti arriva sottobordo, ti aiuta a metterle in coperta tre a tre e con una manichetta munita di una sorta di pompetta manuale a sbattimento si travasa il carburante nel serbatoio.
Ovvio, al distributore é più comodo, ma qui non c’é scelta e siamo contenti di aver comunque la possibilità di rifornirci.
In mezza mattinata faremo 800 litri di carburante compresi un centinaio di litri nelle taniche e già ci sentiamo più tranquilli.
Visualizzazione post con etichetta Kuna. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Kuna. Mostra tutti i post
giovedì 1 aprile 2010
martedì 30 marzo 2010
Medici senza frontiere
Siamo a Narganà sotto un sole cocente. Ironia della sorte! Domani arrivano Richi e Nello che finalmente riusciamo ad avere a bordo insieme a Marco e Lulù. Ci provavamo da anni senza successo ed ora eccoli qua!
L’aeroporto a tiro di gommone é di una comodità unica e basta sentire il rumore sulla testa per avere il tempo di scendere e ricevere tutti all’arrivo.
Abbiamo il piacere di avere a bordo, insieme ai nostri vecchi amici, anche Roberto e Daniela che dopo i primi cinque minuti di adattamento entreranno a pieno titolo nel turbinio di scherzi e di battute che caratterizzeranno tutta la crociera grazie all’inarrestabile energia di Nello.
Passeremo insieme dei giorni bellissimi, delle veleggiate memorabili, delle mangiate sopraffine e delle chiaccherate infinite.
La crociera se ne va via in un soffio ma scrive un’altra riga indelebile nell’ormai lunga lista di avventure che abbiamo vissuto insieme a voi, cari amici, che ci avete sempre dato fiducia seguendoci in ogni nostro viaggio. Grazie di cuore!
(Foto di Richi)
L’aeroporto a tiro di gommone é di una comodità unica e basta sentire il rumore sulla testa per avere il tempo di scendere e ricevere tutti all’arrivo.
Abbiamo il piacere di avere a bordo, insieme ai nostri vecchi amici, anche Roberto e Daniela che dopo i primi cinque minuti di adattamento entreranno a pieno titolo nel turbinio di scherzi e di battute che caratterizzeranno tutta la crociera grazie all’inarrestabile energia di Nello.
Passeremo insieme dei giorni bellissimi, delle veleggiate memorabili, delle mangiate sopraffine e delle chiaccherate infinite.
La crociera se ne va via in un soffio ma scrive un’altra riga indelebile nell’ormai lunga lista di avventure che abbiamo vissuto insieme a voi, cari amici, che ci avete sempre dato fiducia seguendoci in ogni nostro viaggio. Grazie di cuore!
(Foto di Richi)
giovedì 4 febbraio 2010
Giro sul fiume
Il cayucco si avvicina. Nicolas e suo padre con Pascale e Francoise sono già a bordo.
Saliamo guardinghi su questa canoa scavata a mano in un unico tronco d’albero, la cui stabilità sembra pari a quella di una bottiglia.
Si tratta di un’imbarcazione lunga circa sei metri con un motore fuoribordo da 15 cavalli. Il capitano tenta di rassicurarci dicendo che il fondo é più spesso e quindi garantisce l’assetto ma il dubbio resta.
Imbarchiamo Daniel e Biserka con il figlioletto Alan e ci dirigiamo verso il lato opposto della baia. Come al solito dirigeremo verso un punto non meglio identificato lungo la riva uniformemente ricoperta di mangrovia.
Avvicinandoci percepiamo l’imboccatura del fiume, che doveva essere il Rio Mandinga, ma che a causa della scarsità d’acqua é stato tralasciato a favore di quest’altro di cui non ricordo il nome.
Una volta entrati, Bredio ed il capitano sollevano il motore e procedono a remi e con il bastone, tecnica decisamente efficace sui bassi fondali.
Aironi bianchi e cenerini sono posati sulle sponde e spesso sentiamo il canto stridulo dei pappagalli.
Ma il nostro obbiettivo sono i coccodrilli.
Sono animali schivi e guardinghi e per vederli dobbiamo cercare di arrivare vicino alle spianate di terra e sabbia senza fare il minimo rumore.
Vediamo diverse tracce ma nulla di più.
Armato della mia D2 scruto con lo zoom come se fosse un cannocchiale quando...Eccolo!
Un bestione fermo sulla sponda non si accorge del nostro arrivo.
Continuo a scattare mentre ci avviciniamo ma anche solo il rumore della macchina fotografica sembra un frastuono nel silenzio della foresta.
Dopo poco ci sente e scivola delicatamente nell’acqua fangosa.
Si trattiene per un po’ in superficie e possiamo ammirare la perfezione del suo adattamento all’ambiente fluviale. Si muove agilmente ed in modo praticamente invisibile. Le uniche parti che sporgono dalla superficie dell’acqua sono le narici e gli occhi.
Una vera macchina da caccia!
Ne vedremo tre in tutto il tragitto fino alla spiaggia di sabbia dove ci siamo fermati per uno spuntino. Nulla sulla via del ritorno lungo la quale abbiamo incrociato diversi cayucchi a motore che risalivano verso il villaggio che si trova qualche miglio più nell’entroterra.
Saliamo guardinghi su questa canoa scavata a mano in un unico tronco d’albero, la cui stabilità sembra pari a quella di una bottiglia.
Si tratta di un’imbarcazione lunga circa sei metri con un motore fuoribordo da 15 cavalli. Il capitano tenta di rassicurarci dicendo che il fondo é più spesso e quindi garantisce l’assetto ma il dubbio resta.
Imbarchiamo Daniel e Biserka con il figlioletto Alan e ci dirigiamo verso il lato opposto della baia. Come al solito dirigeremo verso un punto non meglio identificato lungo la riva uniformemente ricoperta di mangrovia.
Avvicinandoci percepiamo l’imboccatura del fiume, che doveva essere il Rio Mandinga, ma che a causa della scarsità d’acqua é stato tralasciato a favore di quest’altro di cui non ricordo il nome.
Una volta entrati, Bredio ed il capitano sollevano il motore e procedono a remi e con il bastone, tecnica decisamente efficace sui bassi fondali.
Aironi bianchi e cenerini sono posati sulle sponde e spesso sentiamo il canto stridulo dei pappagalli.
Ma il nostro obbiettivo sono i coccodrilli.
Sono animali schivi e guardinghi e per vederli dobbiamo cercare di arrivare vicino alle spianate di terra e sabbia senza fare il minimo rumore.
Vediamo diverse tracce ma nulla di più.
Armato della mia D2 scruto con lo zoom come se fosse un cannocchiale quando...Eccolo!
Un bestione fermo sulla sponda non si accorge del nostro arrivo.
Continuo a scattare mentre ci avviciniamo ma anche solo il rumore della macchina fotografica sembra un frastuono nel silenzio della foresta.
Dopo poco ci sente e scivola delicatamente nell’acqua fangosa.
Si trattiene per un po’ in superficie e possiamo ammirare la perfezione del suo adattamento all’ambiente fluviale. Si muove agilmente ed in modo praticamente invisibile. Le uniche parti che sporgono dalla superficie dell’acqua sono le narici e gli occhi.
Una vera macchina da caccia!
Ne vedremo tre in tutto il tragitto fino alla spiaggia di sabbia dove ci siamo fermati per uno spuntino. Nulla sulla via del ritorno lungo la quale abbiamo incrociato diversi cayucchi a motore che risalivano verso il villaggio che si trova qualche miglio più nell’entroterra.
mercoledì 3 febbraio 2010
Cimitero Kuna
A poche decine di metri dall’ancoraggio vi é un fiume praticabile con i gommoni e non ci facciamo sfuggire l’occasione.
Prendiamo il nostro gommone e quello di Badinguet, carichiamo a bordo gli amici e le macchine fotografiche e via!
Risaliamo lentamente il corso d’acqua che si é scavato il cammino all’interno di una fitta vegetazione. L’acqua é torbida ed il fondale é spesso ostruito da tronchi e radici e conviene tenere il motore sbloccato ed in posizione rialzata.
Incrociamo diversi cayucchi carichi di ogni sorta di contenitore pieno d’acqua. Questa é un’attività fondamentale che motiva la posizione di ogni isola-villaggio sempre vicino al suo fiume, inesauribile riserva di acqua dolce.
Dalla sponda destra dei bambini ci salutano a grandi gesti. Due adulti si avvicinano alla riva e ci invitano a fermarci. Siamo curiosi!
Ormeggiamo i gommoni alle piante lungo la sponda e ci arrampichiamo lungo la ripida parete. Una volta in cima ci troviamo davanti uno spettacolo incredibile: sulla cima di una collinetta con vista sul fiume e sulle vallate circostanti vi é un cimitero Kuna.
Una decina di donne con altrettanti bambini e qualche ragazzo ci accolgono con cortesia ed un uomo, un agricoltore, si offre di raccontarci di cosa si tratta.
Siamo increduli!
Le tombe sono identificate da un rialzo della terra sul quale sono posti gli oggetti d’uso quotidiano del defunto: il suo piatto, la sua tazza, qualche oggetto...
Alcune sono riparate da un tetto, forse di famiglie di maggiori disponibilità, altre sono semplicemente in un angolino, magari all’ombra di un albero.
E’ importante che non gli manchi nulla per il viaggio e che i suoi oggetti gli restino vicini.
Le tombe dei bambini sono una stretta al cuore. Piccoli cumuli di terra con sopra un giochino e poco più.
Ci sembra di invadere uno spazio di intimità e cerchiamo di studiare gli sguardi di chi ci osserva, ma non sentiamo alcuna ostilità, anzi!
Facciamo appena in tempo a finire il nostro giro che le donne si avvicinano chiedendoci se possiamo riprenderle in foto.
Ci troviamo allora immersi in un’eccitazione generale, chi si sistema il velo sui capelli, chi si spolvera il vestito. I bambini poi sembrano dei modelli nati.
Il cimitero diventa, o forse lo é sempre stato, un luogo di vita. Un posto dove le persone si ritrovano per chiaccherare, per trascorrere del tempo coi loro defunti come se fossero ancora li’. Respiriamo un’aria di grande semplicità e naturalezza. Qualcosa che fa parte della vita e della natura e che viene vissuta come una naturale sequenza degli eventi.
Una cosa di cui siamo cosapevoli, ma di cui fuggiamo anche solo il pensiero nella nostra cultura.
Prendiamo il nostro gommone e quello di Badinguet, carichiamo a bordo gli amici e le macchine fotografiche e via!
Risaliamo lentamente il corso d’acqua che si é scavato il cammino all’interno di una fitta vegetazione. L’acqua é torbida ed il fondale é spesso ostruito da tronchi e radici e conviene tenere il motore sbloccato ed in posizione rialzata.
Incrociamo diversi cayucchi carichi di ogni sorta di contenitore pieno d’acqua. Questa é un’attività fondamentale che motiva la posizione di ogni isola-villaggio sempre vicino al suo fiume, inesauribile riserva di acqua dolce.
Dalla sponda destra dei bambini ci salutano a grandi gesti. Due adulti si avvicinano alla riva e ci invitano a fermarci. Siamo curiosi!
Ormeggiamo i gommoni alle piante lungo la sponda e ci arrampichiamo lungo la ripida parete. Una volta in cima ci troviamo davanti uno spettacolo incredibile: sulla cima di una collinetta con vista sul fiume e sulle vallate circostanti vi é un cimitero Kuna.
Una decina di donne con altrettanti bambini e qualche ragazzo ci accolgono con cortesia ed un uomo, un agricoltore, si offre di raccontarci di cosa si tratta.
Siamo increduli!
Le tombe sono identificate da un rialzo della terra sul quale sono posti gli oggetti d’uso quotidiano del defunto: il suo piatto, la sua tazza, qualche oggetto...
Alcune sono riparate da un tetto, forse di famiglie di maggiori disponibilità, altre sono semplicemente in un angolino, magari all’ombra di un albero.
E’ importante che non gli manchi nulla per il viaggio e che i suoi oggetti gli restino vicini.
Le tombe dei bambini sono una stretta al cuore. Piccoli cumuli di terra con sopra un giochino e poco più.
Ci sembra di invadere uno spazio di intimità e cerchiamo di studiare gli sguardi di chi ci osserva, ma non sentiamo alcuna ostilità, anzi!
Facciamo appena in tempo a finire il nostro giro che le donne si avvicinano chiedendoci se possiamo riprenderle in foto.
Ci troviamo allora immersi in un’eccitazione generale, chi si sistema il velo sui capelli, chi si spolvera il vestito. I bambini poi sembrano dei modelli nati.
Il cimitero diventa, o forse lo é sempre stato, un luogo di vita. Un posto dove le persone si ritrovano per chiaccherare, per trascorrere del tempo coi loro defunti come se fossero ancora li’. Respiriamo un’aria di grande semplicità e naturalezza. Qualcosa che fa parte della vita e della natura e che viene vissuta come una naturale sequenza degli eventi.
Una cosa di cui siamo cosapevoli, ma di cui fuggiamo anche solo il pensiero nella nostra cultura.
martedì 2 febbraio 2010
Islas Robeson
Le ultime settimane sono state il nostro regalo per celebrare il viaggio a San Blas e cosi’, tra battute di pesca, esplorazioni e cene con gli amici, ci siamo trovati a raggiungere l’estremo ovest dell’arcipelago: le isole Robeson.
Questi sono davvero villaggi tradizionali, senza luce né acqua, dove solo poche barche osano spingersi.
Abbiamo già un amico da queste parti che, del resto, non tarda a farci visita.
Justino é un Kuna che abbiamo ingaggiato per un paio di giorni a fare lavoretti a bordo con cui si è creato un bel rapporto.
Sul posto facciamo la conoscenza di Bredio con il quale organizziamo un giro sul fiume in cayucco a motore. Bredio ha voluto a tutti i costi far conoscere Pablo a suo figlio, sigillando questa fratellanza con il dono di una piccola pagaia intagliata nel legno.
Siamo commossi e terremo caro questo regalo che viene dalla voglia di conoscersi e di sentirsi vicini ed uguali. Gracias Bredio!
Questi sono davvero villaggi tradizionali, senza luce né acqua, dove solo poche barche osano spingersi.
Abbiamo già un amico da queste parti che, del resto, non tarda a farci visita.
Justino é un Kuna che abbiamo ingaggiato per un paio di giorni a fare lavoretti a bordo con cui si è creato un bel rapporto.
Sul posto facciamo la conoscenza di Bredio con il quale organizziamo un giro sul fiume in cayucco a motore. Bredio ha voluto a tutti i costi far conoscere Pablo a suo figlio, sigillando questa fratellanza con il dono di una piccola pagaia intagliata nel legno.
Siamo commossi e terremo caro questo regalo che viene dalla voglia di conoscersi e di sentirsi vicini ed uguali. Gracias Bredio!
lunedì 4 gennaio 2010
Venancio il Mola Maker
Venancio, il venditore delle più belle molas dell’arcipelago, é venuto a trovarci a bordo.
Il suo é uno show da non perdere. Ti riempie il pozzetto ricoprendolo con decine di molas sempre differenti e sempre bellissime e spesso ci accompagna in un viaggio attraverso la cultura Kuna spiegandoci le scene rappresentate su alcune molas a soggetto figurativo.
Impossibile resistere!
martedì 29 dicembre 2009
Gita sul fiume.
Armati di repellente antizanzare e di macchine fotografiche partiamo per risalire il Rio Diablo con i gommoni. Lasciamo la tranquilla frenesia del mare e della barca dirigendoci verso un non meglio precisato punto nella mangrovia. Tutto sembra uguale, impenetrabile.
Poi ad un tratto la profondità diminuisce fino a richiedere l’uso dei remi. Ancora qualche decina di metri e senza quasi rendecene conto entriamo in un’altro pianeta: il fiume!
Di colpo cambiano i suoni, cambiano i colori, cala il vento e si calma l’acqua. Gli uccelli strillano al nostro passaggio, strani pesci guizzano nell’acqua fangosa che, lo capiamo dalle tracce sulle sponde, nasconde rapidi e guardinghi coccodrilli.
Siamo emozionati. I sensi tesi a percepire il minimo movimento nella speranza di cogliere la presenza di qualche animale che abita la foresta pluviale dell’entroterra di Panama.
Una canoa india é ormeggiata lungo la sponda, probabilmente vi é una “finca” poco distante.
Sappiamo che molti kuna hanno in utilizzo dei pezzi di terra su cui coltivano yucca, banane primitivos, insalata ed otoe, una specie di callaloo caraibica.
L’ambiente é ovattato e se non fosse per le citras si potrebbe restare qui fino al tramonto per vedere uscire il mondo della notte ma questi minuscoli e voraci moscerini sono un efficace deterrente alla presenza turistica di questa zona.
Iscriviti a:
Post (Atom)